La missione di Swimming Channel ormai è chiara, è vero, nasce per dare spazio ai giovani ma nel tempo mi sono reso conto che ci sono tante cose da raccontare anche dei “grandi”, intesi come grandi nuotatori già affermati o grandi personaggi del nostro mondo, grandi persone che hanno fatto le storie regalandoci emozioni fantastiche.
TRUE STORIES, una nuova sezione di Swich, nasce per raccontare le storie meravigliose che si nascondono dietro il nostro mondo, storie a volte tristi, a volte magicamente belle, raccontate direttamente dai protagonisti nel modo più semplice senza sofisticati ritocchi professionali, STORIE VERE, semplici e per questo fantastiche.
Per Natale voglio fare un regalo agli affezionati di Swimming Channel, riportandovi una storia vera che deve essere d’esempio per i più giovani per non fermarsi di fronte ai problemi ma affrontarli con la stessa grinta e determinazione che si ha in gara, una storia che riempie il cuore e se avete avuto la fortuna di conoscere il protagonista sarà ancora più forte.
La prima TRUE STORY in assoluto è quella di Sebastiano Ranfagni, il GIGANTE BUONO che ho avuto l’onore di conoscere 2 anni fà e che ho da subito apprezzato per la sua semplicità e bontà d’animo.
UN GRANDE, in tutti i sensi, fisicamente, sportivamente ma sopratutto umanamente, in prima fila sempre anche per dare supporto morale ai meno fortunati come nel caso della raccolta aiuti per l’Emilia e di recente per la Sardegna.
Fermato un anno fà dalla commissione medica per un presunto problema al cuore il campione toscano non si è dato per vinto e con la reazione di un grande campione quale è si è rimesso in discussione rientrando con orgoglio nella cerchia dei grandi del nuoto italiano.
La prima TRUE STORY di Swimming Channel è la sua.
SEBASTIANO RANFAGNI – IL GIGANTE BUONO
L anno era iniziato molto bene, i passi erano quelli giusti e anche a stile libero ero progredito.
Dopo poco più di un mese il primo stop, complice una borsiste alla spalla, anche quella valutata da una risonanza a Firenze come rottura della cartilagine e quindi da operare. Ci fu un consulto con il dott. Gianluca Camilleri, il quale escluse lesioni di qualsiasi genere ripresi l’attività fino a metà ottobre quando mi recai al Coni per le consuete visite mediche sportive. Tutto pareva normale e regolare, i parametri non si discostavano dalla solita situazione, tanto che il dottore che mi seguiva in tutti questi anni, il Dott. Antonio Pelliccia mi disse che era tutto apposto e che mi avrebbe fatto fare una risonanza a completamento del quadro clinico se riuscivamo ad organizzarlo in tempi brevi senza inficiare l attività agonistica, altrimenti l avrei fatta dopo aver già ricevuto l idoneità perciò mi recai come mi dissero all’ Ospedale Casilino dove mi sottoposero alla risonanza magnetica (intorno a fine ottobre), gli ultimi giorni di ottobre arrivò la chiamata da Roma che mi avvertiva di dover scendere per rieseguire tutte le analisi.
I primi giorni di novembre dopo aver sostenuto tutte le visite il dott. Antonio Pelliccia mi chiamò nel suo ufficio per dirmi che in base alle analisi da lui effettuate e con il referto della risonanza magnetica (senza chiedere un secondo controllo) la mia carriera era finita, avrei potuto fare altre analisi come le analisi del DNA con tempi tecnici di 6/9 mesi, e che da li a breve avrebbe costituito una commissione per notificarmi la cessazione della mia attività.
Uscii dal suo ufficio trattenendomi ma dopo pochi passi scoppiai in lacrime.
Mille pensieri mi offuscarono la mente, cosa fare, come riorganizzare la mia vita, a tutte le cose che avrei voluto fare prima di smettere, ad ogni centimetro che magari avevo saltato in allenamento che avrei barattato pur di avere il tempo necessario per potermi allenare.
Chiamai subito Marco Bonifazi che mi disse di stare calmo e che avrebbe parlato con il Dott. Pelliccia, nel frattempo chiamai i miei genitori e mi apprestai in macchina a tornare a casa.
Fu il viaggio più lungo verso casa.
I miei genitori con il mio allenatore Sergio Pasquali e l aiuto del Dott. Pietro Bertolaccini fissarono subito un appuntamento al CNR di Pisa centro specializzato sulla lettura delle risonanze e nel frattempo il dottor Bonifazi riuscì a posticipare la commissione tecnica finché il quadro clinico non fosse stato più chiaro, ciò nonostante il dottor Pelliccia basandosi su quella risonanza avviò le pratiche della medicina legale con tempi tecnici e con risultati positivi non inferiori a 3 mesi.
Il mio decorso era segnato 3 mesi per riottenere l idoneità sportiva.
Dieci giorni dopo la risonanza di Roma ne effettuai quindi un altra a Pisa, Sergio Pasquali mi accompagnò con mio padre e il dott. Bertolaccini e dopo 2 ore uscii dalla sala sperando che il risultato potesse essere incoraggiante.
La settimana successiva mi chiamo a casa il dottor Bertolaccini per dirmi dei risultati emersi dalla risonanza, erano del tutto sovrapponibili ad una risonanza effettuata tre anni prima al Casilino di Roma con valori del ventricolo destro completamente diversi da 10 giorni prima! Dopo aver parlato con il Dott. Bonifazi e sollevato dalla notizia chiesi se ciò fosse stato sufficiente per un rapido rientro in acqua, ma appresi allora dei tempi tecnici che mi attendevano.
La prima reazione non fu delle migliori, sapere d’essere “fermo” perché te lo impone qualcun altro e non poter scegliere è la cosa più brutta che può accadere ad un atleta!
Il CONI mandò la lettera a casa e in società vietando il mio accesso in piscina, l’appuntamento prossimo era ai primi di gennaio quando era stato fissato il ricovero presso l’ospedale di Padova dove avrei incontrato uno dei più autorevoli medici sul campo per i l’aritmia ventricolare destra, il Dott. Domenico Corrado.
In quel mese che mi separava dal ricovero mi affacciai poche volte in piscina, troppo grande era il dolore nel vedere il mio compagno di allenamenti in acqua ed io fuori a guardare.
Nel periodo più brutto della mia carriera però ho scoperto il lato migliore, il grande attaccamento al mio allenatore Sergio Pasquali, non mi ha mai lasciato solo, ha sempre cercato di trovare una parola di conforto cercando di stimolarmi con esempi positivi. Le persone che in assoluto mi sono state più accanto oltre alla mia famiglia sono state molte, ricordo con piacere Flavio Bizzarri, Federico Turrini, Andrea Rolla, i Carabinieri, l’ Akron con Niccolò Dell’Andrea , Domenico Fioravanti e soprattutto Niccolò Panerai, mio carissimo amico di Firenze che durante tutto il periodo ha cercato di farmi svagare e di lasciarmi solo il meno possibile.
Le feste di natale sono state belle perché ero con la mia famiglia ma allo stesso tempo tristi perché ancora non sapevo se avrei più continuato a nuotare. In quel periodo uno dei messaggi più belli fu quello di Paolo Bossini, e pensare a ciò che capitò a lui mi fece tirare fuori la forza per andare avanti.
Pochi giorni dopo le feste natalizie, intorno al 10 gennaio, venni ricoverato presso l’ospedale di Padova.
Passai tre dei giorni più brutti della mia vita in costante attesa, minuti che sembravano ore e non vedevo l’ora di poter andare via.
Li capii cosa vuol dire soffrire della displasia al ventricolo destro, stando a contatto 24 su 24 con pazienti che vivono con un defibrillatore impiantato sul petto vicino al cuore, un’esperienza che mi fece aprire gli occhi su ciò che è realmente la sofferenza.
Fiducioso attendevo il verdetto con la speranza che uscito da li sarei potuto tornare in acqua.
La sera prima di essere dimesso ci fu una riunione con il Dott Bonifazi, il Dott. Corrado e la mia famiglia nella quale mi venne fatto capire di essere i buona salute ma per avere la certezza assoluta sarei dovuto restare fermo un altro mese per permettere al cuore di diminuire la sua grandezza. Fu l’ennesima martellata, gli occhi si gonfiarono di lacrime e la prima reazione fu quella di abbandonare tutto, di non lasciare più il mio destino in mano ai medici ma di prendere le mie decisioni autonomamente. Chiamai Sergio e parlai con i miei genitori, grazie al loro supporto e ai consigli anche del Dott. Bonifazi decisi infine di portare a termine anche l ultimo mese.
Ormai mancava poco, giorno dopo giorno l attesa diventava più ardua, agli inizi di febbraio sostenni le ultime analisi che portai a Padova per il consulto finale così a metà mese si riunì la commissione che mi restituì l’idoneità, facendomi uscire finalmente dal tunnel!
Il rientro agli allenamenti fu duro. Dopo un inizio incoraggiante il carico di lavoro unito alla palestra fu massacrante per i primi due mesi, i dolori muscolari e la fatica mi riducevano al limite della sopportazione e frequenti erano le crisi di pianto dai dolori che avvertivo. Sergio mi sosteneva giorno dopo giorno e insieme al mio preparatore atletico Giuseppe Mingrone mi spronava a non cedere, la cosa peggiore era la perdita di sensibilità, la nuotata era del tutto cambiata e da rissettare.
Le prime gare misero a nudo una preparazione purtroppo carente e non completa, Sergio e Giuseppe però non perdevano il loro ottimismo nonostante il mio crescente disappunto. Agli inizi di maggio la situazione ebbi un inaspettato miglioramento, complice l’adattamento del fisico passai il mese successivo a perfezionare la tecnica.
Ero emozionato, era passato ormai quasi un anno dall’ultima gara ad alto livello, il 200 era era in programma l’ultimo giorno e ciò mi permise di avere un approccio graduale alle gare prima nuotando il 50, poi il 100 infine il 200. Con grande sorpresa mi scoprii molto più rapido che resistente, il poco chilometraggio unito ad uno scarico prolungato mi avevano fatto propendere più per la velocità, la mia gara però restava e resta il 200.
L’attesa cresceva.
La mattina dell’ultimo giorno affrontai la mia paura, reggere le 4 vasche. Entrai in finale e la sera mi attestai sui 2 minuti. Un miracolo per il quale devo ringraziare veramente di cuore Sergio e Giuseppe!
La settimana successiva arrivò anche la chiamata in nazionale per prendere parte agli Open De France! A piccoli passi mi stavo avviando verso la completa normalizzazione della situazione, a parte le gare che comunque dimostrarono un progresso già in relazione al Sette Colli il bello fu rientrare a far parte del gruppo, sentirsi nuovamente parte della nostra nazionale!
L’ultimo appuntamento stagionale per me furono i Campionati Italiani a Roma, dopo aver tifato per i miei compagni alla televisione durante i mondiali di Barcellona e avendo visto con un nodo in gola i 200 dorso, mi apprestavo a chiudere al meglio la stagione per poter ripartire alla grande.
Devo dire che i risultati superarono di gran lunga le aspettative, 3 medaglie! 55.10 sui 100 a soli 3 centesimi dal record personale con poco più di 4 mesi di preparazione ed essere sceso sui 200 sotto i 2 minuti (1.59.4) mi riempirono il cuore di felicità, finalmente potevo dire di essere sulla buona strada. Finiti i campionati italiani e tornato a casa ricominciai subito gli allenamenti, meno intensi certo ma costanti per non perdere niente di ciò che avevo con tanta fatica ricostruito.
Infine a settembre è arrivata la prima convocazione dell’anno in nazionale, Saint Vincent, tanti giovani e un “vecchio” che però non si sente tale e ha tanta voglia ancora di combattere.
Dimostrare che se ci credi e vuoi fermamente una cosa niente è nessuno può impedirti di raggiungerla.
Non posso dimenticare alcune persone che nei momenti brutti mi hanno dato la possibilità di trasmettere il mio amore profondo per questo sport, a gennaio quando la strada era ancora lunga verso il recupero il mio caro amico Corrado Sorrentino e Cristina Chiuso mi vollero comunque con loro nelle giornate del Fast Lane, il progetto itinerante ideato da Cristina che in quei giorni faceva tappa a Cagliari.
Non so se mai sarò un allenatore ma riuscire a trasmettere a ragazzi e bambini le esperienze che ho avuto la fortuna di fare mi ha aiutato a capire che non cambierei nulla della mia vita.
Fine.
“Ho affrontato le sfide della vita attingendo ad un bacino di energia pura, è la mia forza interiore. L’ho costruita a dispetto degli sberleffi della vita e grazie ai dolori quotidiani l’ho scoperta credendo in me e nei miei valori”. (Stephen Littleword)
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